Un rebranding ci salverà?
“False perceptions are being created about me without an iota of proof.” (Sharad Pawar)
Ciao! L’estate è ormai arrivata con tutto il suo carico di caldo e di fatica. E quest’anno, forse, per moltə di noi tutto risulta ancora più difficile, data la situazione del mercato che sembra peggiorare sempre di più; una situazione di cui anche le associazioni di categoria stanno prendendo atto, provando ad attivarsi ciascuna a modo suo.
The Slow Translation Manifesto 🐌
A questo proposito, eccoti il recente intervento sul tema dell’ITI, che propone il suo “Manifesto della traduzione lenta” (la traduzione è mia):
La nostra posizione è che la "traduzione lenta" sia un processo umano, svolto con cura e attenzione da persone che hanno a cuore le parole e il loro significato, e che conoscono il valore del tempo necessario per fare ricerche e per comprendere le complessità del testo originale, prima di tradurlo nella lingua di destinazione con precisione, abilità e maestria.
Prima di tutto, per dare a Cesare quel che è di Cesare: ispirazioni e spunto per questo post sono venuti da un thread su TeamTranslator, che ti consiglio di seguire se già non lo fai.
L’ITI sottolinea l'importanza, e in definitiva la superiorità, della traduzione “lenta” (“umana”), rispetto a quella “automatica”, sulla base di alcuni principi fondamentali: la celebrazione della ricchezza linguistica, la valorizzazione della capacità specifiche delle persone rispetto a quelle della macchina, la garanzia della qualità attraverso ricerche e controlli approfonditi, la conformità con standard etici elevati, la valorizzazione della competenza interculturale.
Qualche riflessione:
a) come sottolineato anche da colleghe e colleghi su Slack, l’uso del termine “slow” può risultare problematico.
Ci si vuole rifare, evidentemente, a concetti come “slow food” o “slow tourism”, ma non è detto che il termine si applichi con la stessa efficacia nel contesto della fornitura di un servizio, in cui la tempistica ha comunque importanza. La definizione della traduzione umana come “lenta”, contrapposta a quella automatica “veloce”, dovrebbe come minimo accompagnarsi a una comunicazione più strutturata; altrimenti, si rischia di ottenere l’effetto opposto a quello desiderato.
b) Altro elemento sottolineato da più persone nel thread: i principi citati fanno riferimento a elementi sicuramente importanti e condivisibili; ma nel mondo reale, al cliente finale non interessano la diversità linguistica e gli standard etici. Gli interessa la qualità della traduzione, consegnata nei tempi e che abbia un costo per lui accettabile. E se mi permettete, io sarò poco aulica, ma forse questi bei concetti alti(sonanti) da cavalieri della parola iniziano a suonare un po’ vuoti anche a chi con le traduzioni deve riempirci il frigo e non ci riesce più, o ci riesce sempre più a fatica. Da un’associazione di categoria sarebbe lecito aspettarsi qualcosa di più concreto, credo.
c) È sicuramente vero che, come umana che traduce, sono più lenta della macchina che traduce. Ma è anche vero che, come umana che traduce con l’aiuto della macchina, posso essere parecchio veloce, forse più di quanto si potrebbe pensare, e con risultati nettamente migliori (o almeno si spera!).
La modalità “umana + macchina” per me è lo standard ormai da veramente tanti anni, prima con il solo CAT, poi con l’ausilio anche della MT, e oggi anche con l’ulteriore aggiunta dell’AI; ed evidentemente non sono l’unica, anche se ogni collega utilizzerà la tecnologia a modo suo.
Mi sembra che di questa normalità l’ITI non prenda in alcun modo atto, limitandosi a proporre la dicotomia “persona contro macchina” come se fossero le uniche alternative possibili; e ignorando l’ovvia terza via, che è la norma per la maggioranza di chi traduce: traduzione “ibrida”, persona E macchina, che riunisce il meglio di entrambe.
Nel post non c’è traccia della tecnologia per la traduzione di cui chi lavora in questo settore fa uso quotidianamente. Questo, credo, non solo non è esatto, ma non rende giustizia alla competenza specifica, per quanto variabile, dei membri di un settore che ha sempre fatto sua la tecnologia, ben da prima che la traduzione automatica, o la GenAI applicata alla traduzione, entrassero nel dibattito pubblico.
Ci dipinge in modo sbagliato, o almeno impreciso, e rischia di fare lo stesso anche con il risultato di quel lavoro in modalità “ibrida” che per tantə di noi è appunto la norma: come se in qualche modo fosse meno valido della traduzione “solo umana”.
d) Non riesco a vedere differenza tra la traduzione “lenta”, nel post, e la traduzione “come dovrebbe essere”.
Togliamo dall’equazione la traduzione solo automatica, che presenta problematicità di gravità variabile, e quindi dovrebbe essere riservata solo a situazioni ben precise e con la corretta consapevolezza; e anche il post-editing light.
Non per una questione di valore: ma perché nessun cliente mi hai mai richiesto questo livello di qualità “intermedio” (“minimo”?); la richiesta è sempre per un PE “full”, il cui risultato sia qualitativamente pari a una traduzione “umana” (appunto).
Quello che rimane è esattamente la traduzione descritta nel post: il risultato della mia capacità, della mia conoscenza delle sfumature e della cultura della lingua di partenza e di arrivo, delle ricerche che faccio, delle procedure che applico per garantire la qualità, e della famosa “conoscenza del mondo”, che mi distingue dalla macchina; ma anche il risultato dell’uso che io faccio della macchina, come uno dei tanti strumenti che utilizzo.
Slow translation is “just” translation done properly by a human who knows what they’re doing
Quindi è una questione di percezione, di branding potremmo dire. Di parole. Certo, le parole sono importanti (!). Ma è importante anche rendersi conto di cosa c’è dietro le parole. O non c’è.
Lo sforzo di ITI è sicuramente encomiabile per tanti motivi; ma non penso che bastino un rebranding, uno slogan e un logo, tanto più se potenzialmente problematici come si diceva sopra, per convincere i clienti del valore della traduzione così come deve essere. Né, se mi permetti, per convincere tante persone che, nel nostro settore, forniscono costantemente un servizio di qualità meno che scadente, con modalità meno che professionali; e che contribuiscono ad affossare l’ambito dei servizi linguistici come e più di qualsiasi motore di traduzione automatica o intelligenza artificiale, perché innescano nei clienti una reazione ovvia:
“Ma allora tanto vale usare la traduzione automatica: non pago/pago meno e faccio prima”.
E come dar loro torto?
Insomma, se vogliamo fare rebranding della traduzione, ben venga, ma assicuriamoci di avere ben chiare una serie di cose. Non ultima, che i destinatari del messaggio non sono solo coloro che la traduzioni le comprano, ma anche quelli che dovrebbero saperle fare come si deve… “lente” o “veloci” che siano.
Tu cosa ne pensi?
La formazione 📖
Da quando ci siamo sentitə l’ultima volta, mi sono dedicata al Prompt Engineering:
ho seguito una specializzazione dedicata su Coursera;
e ho conseguito la certificazione sul Prompt Design applicato al settore linguistico messa a disposizione da RWS
La prima è decisamente più completa e approfondita, la seconda diciamo una base di partenza, ma con il vantaggio di essere dedicata specificatamente al nostro settore.
Sai come si dice? 😉
Se anche tu hai voglia di dedicarti alla formazione, ma preferisci qualcosa di più… tradizionale, ti ricordo:
i miei corsi on demand sulla tecnologia per la traduzione, in collaborazione con STL Formazione, in particolare quelli relativi ai CAT 🐱
i miei corsi uno a uno: per capire se sono l’insegnante che fa per te, leggi i commenti di chi ne ha già frequentato uno; oppure scrivimi, rispondendo a questo messaggio, commentando direttamente su Substack, tramite LinkedIn o via email 📧
Ma attenzione: le prossime disponibilità sono per ottobre 🍁
E se ancora non lo conosci, c’è anche il mio podcast, “Tecnologia per chi traduce” 🙉.
Leggo 📖 guardo 📺 ascolto 🎧 Cucino 🥘
E ora, qualcosa di completamente diverso 😝
Chi mi conosce sa che non ho mai amato cucinare, anzi, e che sono sempre stata nota per bruciare anche l’acqua della pasta 😌
Al rientro da NYC ad aprile, però, dopo aver provato un magnifico risotto cucinato nell’Instant Pot (roba che noi due, da italianə sempre molto snob per quanto riguarda la cucina, già stavamo inorridendo: e invece era de-li-zio-so), abbiamo comprato una multicooker. Insomma, per farmi appassionare alla cucina bastava farmi usare la tecnologia pure per quella 😂
Ora guardo con concupiscenza gli accessori per la Kitchen Aid e dopo il lavoro, anziché buttarmi sul divano con l’iPad, mi fiondo in cucina.
Scherzi a parte, dispositivo consigliatissimo per evitare di sporcare trentadue pentole e padelle, e risparmiare tempo (10 minuti per un 1 kg di roast beef cotto alla perfezione: ✅). Molta soddisfazione, devo dire, anche per il coperchio-friggitrice ad aria, particolarmente in questi giorni: con +30°, evitare di accendere il forno, ma anche di mangiare solo caprese e insalata, è un’ottima cosa.
Eccoti anche l’originale con un bello sconto per i Prime Day 💰
Ascolto: un consiglio di ascolto voglio però lasciartelo, ed è l’ultima stagione di Serial, dedicata a Guantánamo.
E se ancora non lo conosci, non puoi non recuperare la prima stagione, dedicata a un (incredibile) caso di cronaca nera: ha praticamente inventato il genere true crime “ascoltato”, ha contribuito a liberare un innocente, ed è stato uno dei primi podcast a rappresentare un vero fenomeno virale.
Grazie per avermi letta fin qui.
Ti auguro un’estate non troppo calda (lo so, lo so…), fatta di tutte le cose che ami e che ti rendono felice, con tutto il lavoro che puoi desiderare, e tutto il relax che ti serve. 🎈
A presto!
Grazie Laura, davvero molto interessante questa tua analisi. Magari me lo vado a guardare anch'io il corso di Coursera (aiuto come suona male), che è una piattaforma su cui mi sono sempre trovata bene. W l'instapot! Noi l'usiamo tutti i giorni! Buona estate.