Wish you were better
“The secret of success is to do the common thing uncommonly well.” — John D. Rockefeller Jr.
Ciao a tuttə! Oggi parliamo di prospettive, di come ci chiamiamo, e di valore aggiunto 💎
Osservatorio IA 🤖
Leggo su LinkedIn un’interessante serie di riflessioni a partire dall’MTPE e dal concetto di “full post-editing”.
Giusto per chiarire eventuali dubbi: “MTPE” (Machine Translation Post-Editing) è la revisione di una traduzione automatica, e “full post editing” è il PE il cui risultato finale dev’essere di qualità paragonabile alla traduzione effettuata direttamente da una persona (la cosiddetta “human quality”).
Aggiungo che, sebbene il PE preveda livelli di qualità diversi per destinazioni e utilizzi diversi, la “human quality” è richiesta praticamente sempre.
Il post citato sopra ne commenta un altro, che a sua volta fa riferimento alla sezione “No Such Thing as Full Post-Editing” di questo articolo. Secondo Jakub Absolon, CEO di ASAP-translation.com (la traduzione è mia):
… il PE ‘completo’ non è altro che traduzione fatta da una persona; prezzo e tempistiche relativi dovrebbero rifletterlo.
Partendo da qui, sia il primo sia il secondo post di commento pongono alcune questioni interessanti:
a) ha senso continuare a parlare di “post-editing” e “post-editor“ come qualcosa di diverso e separato dalla traduzione e da chi traduce, se il risultato deve essere lo stesso, e se (dice Viveta Gene) sono le stesse le competenze richieste?
Io non sono del tutto d’accordo con l’idea che il post-editing non richieda competenze specifiche rispetto alla traduzione; se mai, visto che sempre di revisione si tratta (anche se con alcune specificità), forse avrebbe senso parlare di “editing” e basta, senza distinzioni basate sull’origine del testo da rivedere.
b) Quali sono, allora, i termini corretti per definire questa attività e chi la svolge?
As AI comes into play, what is the term of preference? Translation, correction, post-editing or just editing? And how should we call the professional involved in this process? Translator, linguist or post-editor?
Allargando il discorso: come dovrei chiamarmi oggi?
Traduttrice, revisora, post-editor, linguista, consulente linguistica?
Questa mi sembra una questione molto valida e interessante. Se qualche anno, alla domanda “Cosa fai nella vita?” rispondevo “Faccio la traduttrice” senza nemmeno pensarci, oggi questo termine non basta più a definirmi: traduco, sono revisora, faccio formazione, faccio post-editing, lavoro come PM, fornisco consulenze linguistiche…
Al di là del trovare una parola che racchiuda tutte queste attività, credo sia una situazione comune, che riflette i cambiamenti del nostro settore: la necessità e il desiderio di differenziare, il fatto che in molti casi tradurre e basta non è più “sufficiente” (a vari livelli), la trasversalità di certe competenze che abbiamo, da un lato, e dall’altro la richiesta da parte del mercato di figure “altre”, che appunto non si limitano a “tradurre” o “rivedere”.
c) Nel secondo post, Milena Rossi si domanda il perché di questa tendenza a spiegare il “mezzo” che sta dietro il “risultato” (traduzione sempre mia):
Perché è necessario spiegare tutto il processo dietro il servizio che vendiamo? Ai clienti interessano davvero i diversi passaggi che seguiamo per arrivare al risultato finale? […]. Ma allora perché definiamo il prezzo dei nostri servizi in base all’intera catena della loro produzione, anziché al risultato finale?
“Mezzi” e “risultato” fanno riferimento a un concetto di cui parlo spesso durante i miei corsi (e in una puntata del mio podcast): come freelance il nostro obbligo è produrre un determinato risultato (il cosa), non svolgere un’attività lavorativa che rispetti certi requisiti (il come), un’obbligazione di mezzi che invece vale per i lavoratori dipendenti (presentarsi in un certo luogo a una certa ora, rimanerci per un certo tempo, svolgere certe mansioni, indipendentemente dal risultato finale).
Al nostro cliente finale del “come” non dovrebbe importare nulla: un’agenzia non dovrebbe potermi imporre di lavorare con un certo strumento; non ho nessun obbligo di dire che per lavorare uso o non uso un CAT e quale, la MT e quale, oppure le tavolette di granito; etc. etc.
Ne discende (anche) che il prezzo lo dovrebbe fare il cosa, non il come. E invece, così com’è avvenuto per i CAT e le relative "griglie” di sconti per fuzzy, rep, 100% eccetera, anche nel caso del post-editing è successo che un “come” è diventato il “cosa”, e il prezzo del risultato che forniamo dipende dai mezzi che usiamo per ottenerlo.
Ovviamente il discorso è complesso. L’idea è sempre stata che tutte queste “magiche” tecnologie rendono il nostro lavoro più rapido e più semplice, e quindi non sarebbe corretto che solo noi ce ne avvantaggiassimo; e molto dipende anche dalla fortissima presenza nel nostro settore di intermediari, le agenzie.
Ma, senza voler fare del qualunquismo (e senza voler entrare nel merito di quanto effettivamente più rapido e semplice il nostro lavoro diventi), all’idraulico o al dentista ci sogneremmo di chiedere meno perché un determinato strumento facilita il loro lavoro? Oppure paghiamo e basta, perché paghiamo il risultato finale, che dipende da competenza e capacità nell’usare quello strumento?
Rispetto al nostro settore, vedo due differenze (oltre alla forte presenza degli intermediari):
il cosiddetto “uomo della strada” ritiene (a torto o a ragione) di conoscere, e di poter padroneggiare, gli strumenti del nostro settore mediamente molto più di quelli di un dentista. La traduzione automatica prima, adesso l’IA con ChatGPT, sono diventati mainstream, veicolando sempre più l’idea che tradurre sia alla portata di tutti;
l’uomo della strada di cui sopra non ha, però, le competenze per valutare la qualità del risultato finale.
Risultato: un po’ tutti conoscono o pensano di conoscere e di saper usare il “come”, ma poi non sono veramente capaci di valutare il “cosa” che quel “come” produce.
Viceversa, sistemare una carie resta e resterebbe faccenda nettamente più “oscura” e ostica, anche se per assurdo esistesse una macchina in grado di farlo (quasi) automaticamente, senza (quasi) bisogno dell’intervento umano; mentre la qualità del risultato finale è valutabile abbastanza facilmente anche senza competenze particolari: avevo un male fottuto al dente e adesso non ce l’ho più (o ce l’ho ancora).
Per rispondere a una delle domande di Milena: al cliente interessa eccome come arriviamo al risultato finale, se ritiene che lo renda talmente (più) facile da ottenere, da giustificare una riduzione sostanziale del suo prezzo.
Ma allora il problema vero è un altro.
Il risultato che fornisco io deve essere migliore di ordini di grandezza, a prescindere dal fatto che usi per ottenerlo (anche) strumenti in teoria alla portata di chiunque; perché ci ho messo il mio talento, esperienza, capacità, “conoscenza del mondo”1, sensibilità, che lo fanno diventare qualcosa di più della somma delle sue parti.
È per questo valore aggiunto che il cliente paga; ma oltre a offrirlo (che, diciamocelo, non è poco e non è scontato), devo anche saperlo comunicare, in qualche caso forse addirittura dimostrare, per giustificare la differenza di prezzo tra me e il “pulsante da premere”.
Cosa ne pensi? Cosa possiamo fare per migliorare sempre di più, per aumentare gli ordini di grandezza, per rendere il “nostro” risultato talmente superiore che a nessuno possa venire in mente di dire “vabbè ma lo faccio con ChatGPT”; e per comunicare questa differenza?
La formazione 📖
Se leggendo sopra di MT, MTPE e altri animali, hai avvertito un certo (ehm) disagio, ho la soluzione per te: il webinar on demand “Il post editing della traduzione automatica”, che ho tenuto insieme a Claudia Lecci: io mi sono occupata della parte pratica, con un laboratorio di MTPE in cui abbiamo anche confrontato l’output di traduzione della MT neurale con quello di ChatGPT; mentre Claudia ha ampiamente sviscerato la teoria relativa a MT, MTPE e anche LLM.
E poi ti ricordo, brevissimamente:
gli altri miei corsi sulla tecnologia per la traduzione in collaborazione con STL Formazione, in particolare quelli relativi ai CAT 🐱 (se ti iscrivi alla newsletter di STL, fino al 14 febbraio hai uno sconto del 20% su tutti i corsi on demand ❤️)
i miei corsi uno a uno: per capire se sono l’insegnante che fa per te leggi i commenti di chi ne ha già frequentato uno; oppure scrivimi, rispondendo a questo messaggio, commentando direttamente su Substack, tramite LinkedIn o via email 📧
il mio podcast, “Tecnologia per chi traduce” 🙉
Leggo 📖 guardo 📺 ascolto 🎧
Qualche consiglio di lettura, visione e ascolto, per rinfrancar lo spirito tra un post-editing e l’altro 😌
Leggo: “Alternate Takes” di Letizia Sechi
Come posso non consigliarti una newsletter dove si parla di punti e virgola con tanta passione? 🫶🏻
Guardo: “SAS Rogue Heroes”
Serie british tratta da una storia “più o meno vera” (!) che ti piacerà anche se guerre e combattimenti non fanno per te. Menzione d’onore per il personaggio di Dominic West (come si fa a non amarlo!).
Ascolto: se già senti la mancanza di Sanremo (che come sempre ho seguito in modo molto svogliatello), eccoti L’indomabile podcast del Post dedicato alla kermesse (seguirà anche il suo cugino dedicato all’Eurovision, che invece non mi perdo). In alcuni punti mi è letteralmente mancato il fiato dal ridere 😂
Cambiando totalmente argomento: se vuoi farti venire voglia di emigrare, c’è l’ultimo speciale di Indagini.
Tanta carne al fuoco 🍖 in questa edizione della newsletter! Grazie per avermi letta fin qui, e alla prossima 👋🏻
Rubo volentieri questa bella espressione a Claudia Lecci, che l’ha utilizzata nell’ambito del webinar “Il post-editing della traduzione automatica”, di cui ti parlo più oltre